<<… in quei giorni il cielo di Bologna era espressivo come un blocco di ghisa sorda…>>, così recita una delle prime righe di uno dei romanzi che amo di più e così, in un problematico chiaroscuro con non poche gradazioni di grigio, vive la sua ‘tardoadolescenza’ l’ormai mitico protagonista: il ‘vecchio Alex’. Ma quando Adelaide, detta Aidi, compagna della classe accanto, irromperà nel suo cuore sbarbo e inquieto, allora tutto, ma proprio tutto cambierà; del resto, cosa fareste voi se incostraste una creatura che <<… Più che una ragazza gli pareva un intero disco di Battisti>?
Ma la soave Aidi dovrà partire per un anno di studi in America… Così mentre si avvicina questo grande “volo”, ogni giorno, Alex imparerà a scontrarsi e a reagire con una realtà spesso meschina ed ipocrita, con i suoi amici Hoge, Depression Tony ed Helios, immerso nella languida atmosfera del suo liceo a Bologna, masticando punk rock e nostalgia adolescenziale. Per lui, è necessario agire come il chitarrista dei Red Hot Chili Peppers, Jack Frusciante (nella realtà John), che è uscito dalla sua band, occorre non lasciarsi annichilire in un gorgo di convenzioni e attacchi alla coscienza:<<…Il tutto sta nel dosare sentimento e stile, il tutto sta nel mettere insieme la rabbia estemporanea del punk e la più rigorosa impostazione jazzistica, per cominciare la più grande rivolta di tutti i tempi…>>, così afferma Alex nel suo “archivio magnetico”. Poi inforca la sua bici e vola in una Bologna che pare un sogno dalla sua Aidi che l’aspetta nella sua casa sui colli. Tra loro si instaura un tenero rapporto platonico, descritto ricordando l’ indimenticabile episodio della Volpe nel Piccolo Principe di Saint-Exupery. Incontra anche Martino, “idolo tossico” della sua scuola, con il quale stringe una forte amicizia, ma quest’ultimo sceglie il modo più sbagliato di uscire dal gruppo e si suicida, lasciando ad Alex l’amaro in bocca e la tristezza di non aver potuto impedire quell’errore. Poi arriva l’ultima prova: Aidi se ne va. E Alex ha posto ormai le fondamenta del suo cuore adulto.
Molto avrei da discutere su questo romanzo, sebbene sia tra i miei libri preferiti in assoluto, perchè io e l’autore la pensiamo decisamente in modo diverso e di certo il suo scetticismo non combacia con il mio ottimismo moderato, tuttavia certe prese di coscienza di Brizzi, le condivido, seppur con le dovute cautele, come questa :<<…La gente non capisce, e non è nemmeno che facciano apposta: proprio non ci arrivano e basta…>>; lo stile tutto suo della narrazione, un po’ Salinger, un po’ Andrea de Carlo, un po’ Tondelli (radici che Brizzi non ha mai nascosto) riesce ad incollarmi alla lettura. Se poi vogliamo sorvolare sull’uso massiccio di parole “colorite”, quel suo sapore di “favola metropolitana”, raccontata con una maestria unica, riesce ancora ad affascinarmi. Certamente, come molti affermano, Brizzi ha svolto un bello spaccato della “tardo -adolescenza” di una parte della mia generazione (’74-’75), ma si badi bene, di una parte soltanto. Indubbiamente, vi saranno molti che si ricorderanno di quel periodo così strano, leggendo Jack Frusciante: le fughe da scuola, gli amori, le interrogazioni da panico, le serate spensierate, etc. Soprattutto chi ha vissuto la bella Bologna degli anni ’90.
Questo racconto nasce come un romanzo adolescenziale e tale resta, ma nel suo genere, per ora, lo ritengo insuperato.